Coltivare l’orto della pittura, navigare in stanze vicine o nascoste per andare più in là, sull’orlo delle cose, oltre “lo scoglio di Tarik”. Pittura di equilibri instabili, minime tracce, sottili figure d’aria, accensioni e slittamenti, grumi e sovrapposizioni. Mappe che sognano di diventare luogo, lì sul confine passaggi silenziosi, eco di echi, cenere e polvere di spine. Mappe di passi vuoti, di intrecci e desideri come reliquie scombinate. Mappe che non tengono più i contorni, senza oriente, senza più occidente. Mappe a memoria di mappa. Mappe che realizzate sono consapevoli della inesauribilità della parola detta.
Anche per questo amo la parola che porta al silenzio.
(Foto opere ambientate: Orietta Masin)